Il badge RFID non è solo uno strumento di accesso, ma una vera e propria identità digitale personale. Scambiare il proprio badge con un collega non è solo scorretto: può violare norme aziendali, leggi sulla privacy e persino il codice penale. In questo articolo spieghiamo perché non è mai una buona idea.
Un badge RFID (Radio-Frequency Identification) contiene al suo interno:
una micro-antenna che riceve il campo elettromagnetico dal lettore
un microchip che contiene dati codificati (tipicamente un identificativo univoco)
Non ha batteria interna: è il lettore stesso a fornire l’energia necessaria tramite induzione. Il chip trasmette quindi il proprio ID cifrato, che viene interpretato dal sistema solo se l’accesso è autorizzato.
Nei sistemi più avanzati (es. basati su standard MIFARE DESFire, iCLASS SE, LEGIC), i dati sono crittografati con algoritmi AES o 3DES. Alcuni badge incorporano anche un serial number univoco (UID) non replicabile, rendendo il badge altamente personale e difficile da clonare.
Lo scambio del badge tra dipendenti viene spesso sottovalutato. In apparenza innocuo — “mi timbri tu perché sto arrivando in ritardo” — in realtà costituisce una falsificazione dei dati di presenza e accesso, ed espone entrambe le persone coinvolte a sanzioni disciplinari e, in casi gravi, conseguenze penali.
Responsabilità individuale
Il badge identifica univocamente una sola persona. Ogni timbratura, ogni apertura di varco, ogni azione compiuta con quel badge è attribuita legalmente all’intestatario.
Falsificazione dei dati
Simulare la presenza di una persona che in realtà non è in azienda equivale, nei casi più seri, a dichiarazione mendace. In alcuni contratti pubblici, può rientrare nel reato di truffa ai danni della pubblica amministrazione.
Accessi non autorizzati
In molte aziende il badge non è solo una timbratrice, ma apre aree riservate, laboratori, magazzini, o macchinari pericolosi. Consentire l’uso del proprio badge a un collega può farlo accedere a luoghi per i quali non ha né diritto né formazione.
Quando un badge RFID è configurato correttamente, i dati al suo interno sono criptati. Questo significa che anche in caso di lettura non autorizzata, i dati risultano illeggibili senza la chiave corretta.
Per aumentare la sicurezza, molti sistemi associano alla chiave cifrata anche:
L’UID univoco del chip
Un codice personale (PIN) o doppia autenticazione via smartphone
Il riconoscimento biometrico facoltativo (es. impronta, volto)
Tutto questo rafforza il concetto: quel badge è tuo, e tuo soltanto.
In Italia, l’art. 2104 del Codice Civile impone al lavoratore diligenza e fedeltà nell’esecuzione delle mansioni. Il badge è parte integrante di questo dovere. Inoltre:
Codice Penale, art. 640 – Truffa ai danni dello Stato o di enti pubblici: possibile in caso di falsa attestazione della presenza.
Regolamento GDPR – I dati raccolti dal badge sono dati personali e la loro manipolazione indebita (es. prestito del badge) può configurare violazioni della privacy.
Con le nuove app per smartphone che permettono di timbrare senza badge fisico, il concetto non cambia: il gesto esplicito (click su “Entrata”, ad esempio) è associato all’identità personale dell’utente loggato. Prestare l’account equivale a prestare il badge.